Parte IX.   

 

Le esecuzioni di Emmanuele De Deo, Vincenzo Vitaliani  e Vincenzo Galiani e le altri pesanti condanne comminate dalla Gunta di Stato, determinano il definitivo tracollo di  ogni possibile dialogo tra riformatori e monarchia. 

 

 

Luigi De Medici

Le condanne, per quanto dure, non  soddisfano  la Regina che  non  pensa certamente di fermarsi  a questa prima repressione. Intanto la logica della delazione produce i suoi effetti. Il matematico Annibale  Giordano, uno dei condannati dalla Giunta di Stato, tra le varie rivelazioni, "non è ben chiaro se richiesto o scaltro",  indica  lo stesso reggente della Vicaria, Luigi de Medici, tra i partecipanti alla congiura. Acton raccoglie pesanti accuse sul magistrato, accuse sostenute anche da pregressi e noti rapporti di amicizia  tra il Magistrato ed alcuni giacobini. La notte del 27 febbraio del 1795, su ordine del Re, vengono arrestati e tradotti nella fortezza di Gaeta Luigi de Medici, l'Avv. Nicola Fasullo ed altri quattordici indiziati. Tra questi si ricorda Padre Emmanuele Caputo, l'avvocato Saponara, Giuseppe Danieli e altri di "minore importanza".

 

"...menavano alle prigioni un Colonna, figlio del principe di Stigliano, il duca di Canzano, il conte di Ruvo, un Serra di Cassano, e i Caracciolo, i Riari ed altri nomi chiari per la grandezza degli avi.." (Colletta).

 

 

La Regina Carolina così commenta in una lettera al Marchese del Gallo, ambasciatore a Vienna: " Non sono molti per ora; ma il numero dovrà aumentare....".

 

Ma Annibale Giordano non si limita ad accusare il De Medici e coinvolge nella  congiurara altre 250 persone. Pochi giorni dopo viene emanato un editto in cui viene istituzionalizzata la delazione  e concesso il   perdono del Re a quelli che, pur avendo tradito, siano disposti a rivelare i nomi dei "complici" e dei "seduttori".

 

"La    nazione fu assediata da un numero infinito di spie e di delatori, che contavano i passi,  registravano le parole, notavano il colore del volto, osservavano finanche i sospir. Gli odi privati trovarono una strada sicura per ottenere la vendetta" V. Cuoco: "Saggio storico ".

Il 5 maggio del 1795, molti dei sospettati vengono rilasciati perché svelano i loro "seduttori"; tra questi Antonio Jerocades ed i fratelli Ferdinando e Mario Pignatelli. "Si prova, a dir vero, un senso tra di delusione e di dolore nel vedere come non pochi di quei primi congiurati napoletani dessero segno di fiacchezza innanzi alle minacce della Giunta di Stato e della Corte" (B. Croce: La rivoluzione napoletana del 1799).

La Giunta viene sciolta ed epurata dei magistrati troppo garantisti; ne viene istituita una seconda dominata da il Marchese Carlo Vanni, Fabrizio Ruffo principe di Castelcicala e Giuseppe Guidobaldi, tre magistrati legati alla Corte e fortemente determinati, a loro dire, a ripulire il regno da tutti i Giacobini. In realtà questo trio mira a conservare a lungo la carica per meglio esercitare il potere personale, tant'è che effettua migliaia di arresti, ma chiude pochissimi processi.

 

La prudenza spinge molti a cercare rifugio nella Francia repubblicana e nei territori liguri occupati dall' armata francese dall' aprile del '94. Parigi, Marsiglia, Genova, Nizza ed specialmente Oneglia diventano il luogo di raccolta dei profughi napoletani. Ad Oneglia c'è Filippo Buonarroti, commissario francese di origine italiana, che li accoglie e affida loro compiti di propaganda politica e li aiuta a compiere quel processo di evoluzione "da un giacobinismo puramente teorico ad un giacobinismo pratico"(A.Saitta). Carlo Lauberg, Andrea Vitaliani, Michele De Tommaso, Giovanni Letizia, Giuseppe Abamonte, solo per citarne alcuni, si distinguono per il loro impegno tanto da meritarsi l'osservazione del Buonarroti: "...se l'Italia è destinata ad essere libera, la VERA RIVOLUZIONE comincerà sotto il clima ardente del Vesuvio.".

 

Pasquale Matera, uno dei profughi, si segnala in questo periodo per l'organizzazione di una rivolta in Sicilia, ma la congiura vien denunciata e vengono operati alcuni arresti. Tra questi l'avvocato Francesco Paolo De Blasi in "favori de Caramanico". Anche il De Blasi finisce sul patibolo dopo essere stato "torturato co' i modi antichi sulla pubblica piazza"; tre suoi complici, Tinaglia, La Villa e Palumbo furono impiccati. In realtà De Blasi non è "un giacobino, ma, forse, nemmeno un tenue riformatore.[...] Le sue idee, in tutti i campi, sono più che moderate e le sue riforme hanno come presupposto un governo monarchico." (M. Battaglini: La Repubblica Napoletana).  

 

In questo periodo la Regina di Napoli scatena una grossa propaganda sostenendo la pubblicazione di stampe ed immagini che, pur si ispirandosi a fatti di cronaca e di attualità,  mirano a dimostrare i massacri  e le scelleratezze compiute e a screditare i repubblicani  e i loro sostenitori.

 

 

La propaganda antifrancese si articola anche attraverso il coinvolgimento del clero chiamato da Ferdinando a schierarsi a favore della Monarchia e contro i nemici della Religione e della Patria.

 

…..

E' nostra volontà che nelle chiese de' due Regni si celebri tridui di orazioni e di penitenza; e ne sia scopo invocare da Dio la quiete de'miei stati. Perciò dagli altari e dai confessionali voi ricorderete ai popolani i debiti di cristiano e di suddito cioè cuor puro e Dio, e braccio armato a difesa della religione e del trono.

Mostrate gli errori della presente Francia, gli inganni della tirannia che appellano libertà, le licenze o peggio delle truppe francesi, l'universale pericolo. Eccitate con processioni ed altre sacre cerimonie lo zelo del popolo. Avvertite che l'impeto rivoluzionario, comunque inteso a scuotere tutti gli ordini della società, segna a morte i due primi, la Chiesa e il trono.

Ferdinando B.

 

 Il clero risponde all'appello; dai pulpiti i preti tuonano contro gli eretici francesi verso i quali cade ogni legge umanitaria e perdono divino. I francesi, e con essi quanti osano reclamare i diritti dell'uomo e la libertà dei popoli, sono meritevoli di morte. "Uccidere un francese, in qualunque modo si fosse, valeva avanzare d'un gradino nella salita della scala che conduce al cielo." (Dumas: I Borboni di Napoli).

 

II°

III°

IV°

VI°

VII°

VIII°

IX°

XI°

XII°

XIII°

XIV°

XV°

XVI°

 

 

 

 

 

 

 

<<

 

>>

 

 

 

 

 

 

 

Manda un messaggio

Home Page

Ricerca